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Racconti Brevi - GIAP 1


Nero, tutto era nero intorno a me, nessun suono, nessun colore, tutto per un attimo sembrava essere scomparso, solo, sospeso nel nulla. Il respiro diveniva sempre più affannoso, cercavo di capire come poter uscire da quella brutta sensazione di impotenza, di smarrimento, ma niente, non esisteva più niente intorno a me, solo io, solo il nero.

Quando questa situazione sembrava non dovesse aver fine, in quel momento nuovamente la luce. Ero di nuovo li, da dove per un attimo ero sparito, ma non c’era più nessuno che conoscessi, la cosa forse mi avrebbe dovuto spaventare, invece avevo un’insolita tranquillità, come se tutto fosse normale. Iniziai a guardarmi attorno, camminando e girovagando nello stesso pezzo di terra, sempre li, senza sapere cosa fare, senza nessuno che mi stesse a sentire.

I giorni passavano, uno dietro l’altro, velocemente, i colori e le stagioni cambiavano di continuo e tutto come se io ne fossi al di fuori, come se tutto non mi riguardasse, incolume dal passar del tempo.

Poi, un giorno che sembrava come tanti, incontrai lei, una bambina, forse meglio dire una ragazzina, anche lei sembrava sperduta, continuava a guardarsi attorno, come se tutto le sembrasse nuovo, diverso. Era la prima volta dopo tanto tempo che venivo notato. Il suo sguardo era triste e mi fissava con aria diffidente, rimase in disparte, in attesa. La guardavo e mi chiedevo come mai anche lei fosse li. Provai a porgergli qualche domanda, ma sembrava non esser interessata ad avere un dialogo, allora decisi di aspettare, prima o poi si sarebbe fatta avanti lei. Intanto il tempo e le giornate continuavano a passare e il panorama intorno a noi continuava a mutare. Sul pezzo di terra stavano costruendo un grande edificio e lei, la ragazzina, ne approfittò, per mettersi al riparo dentro una delle stanze. Io continuavo a scrutarla da lontano, ma lei non sembrava avere lo stesso interesse, preferiva rimanere assorta nei suoi pensieri, ferma in quello sguardo perso tra vuoto e tristezza. Io intanto giravo e camminavo alla scoperta dell’edificio, incuriosito e divertito dal via vai di persone che, indaffarate, non notavano minimamente la mia presenza. Dopo tanto tempo incominciavo però a sentire i primi sintomi della solitudine. Cercai continuamente nuovi approcci con la ragazzina e, finalmente, anche lei sembrava interessata alla mia compagnia, ma ancora nessuna parola, solo un avvicinamento timoroso che la portò a sedersi vicino a me.

Era comunque una piccola conquista, un passo avanti contro la nostra solitudine ed a me andava bene così. Finalmente il via vai ed i rumori del cantiere cessarono, la costruzione era finita e del pezzo di terra rimase ben poco, ma era sufficiente per passare il tempo senza stare fermo come la ragazzina, chissà poi cosa avrà che non và. Io intanto continuo a tenermi occupato e giro. Nuovamente via vai nell’edificio, questa volta nuove persone che sembrano aver deciso di stabilirsi qui, di occupare le stanze, chissà la ragazzina come la prenderà. Ancora una volta sembra limitarsi ad osservare, stanno occupando i suoi spazzi e lei non dice o fa nulla, del resto anche se parlasse penso che nessuno la starebbe a sentire. L’edificio ormai è completo e le persone che lo occupano non sembrano accorgersi di noi, solo una persona ci ha notati, una bambina, ci guarda e ci sorride sempre. Devo dire che la sua vitalità e purezza mi conquistano ed anche la ragazzina sembra non esserne del tutto indifferente. Decidiamo di passare il nostro tempo con lei. Un giorno la bambina mi chiese il mio nome, era da tanto che non mi veniva chiesto, risposi con orgoglio: Marco! Lo chiese anche alla ragazzina che non rispose, ma con mia grande sorpresa le si inginocchiò davanti per guardala meglio in viso e, una volta faccia a faccia, gli fece un grande sorriso. La bambina divenne rossa e con fare vergognoso corse fuori dalla stanza. La ragazzina si voltò allora verso di me regalandomi lo stesso sorriso, poi si alzò e tornò a perdersi nei suoi pensieri. Ora tutto sembrava più caldo. Il tempo non scorreva più veloce come prima, le giornate sembravano più lunghe e lente a passare, il che non mi dispiaceva, infatti la bambina ormai aveva preso molta confidenza con noi e si fermava spesso a giocare con la sua palla, ma queste sue attenzioni verso i nostri confronti sembravano man mano preoccupare i suoi genitori che la chiamavano di continuo per farla uscire dalla cameretta e tenerla vicino a loro. Poi arrivò quel giorno, sembrava una serata come tante inizialmente, io e la ragazzina eravamo in camera e la bambina era con noi, quando in casa entrarono degli ospiti. La ragazzina si mise subito in disparte ed io, come al solito, giravo incuriosito da quelle nuove figure. I discorsi dei padroni di casa erano chiari, erano preoccupati per la loro bambina, non capivano alcuni dei suoi atteggiamenti, soprattutto quando veniva a giocare con noi. Queste persone avrebbero dovuto cercare altri ospiti nella casa, ma ancora non avevo capito che si stavano riferendo a noi.

Iniziarono a girovagare per casa, tenendo in mano una scatolina con delle lucine, stando attenti che non si muovessero, infatti sembrava che se qualcuna di queste si fosse accesa, sarebbe stato un segno che qualcosa non andava come dovuto.

Con quello strumento, si avvicinarono a tutte le superfici e pareti, facendo piccoli passi e molta attenzione a non lasciare alcuna zona fuori dalla loro ricerca, dopo di che tornarono verso la cucina a parlare con i genitori della bambina. Io pensavo che la cosa finisse li, invece era solo un primo giro. Li vidi incominciare a montare luci colorate, apparecchi strani, mettere contenitori con dell’acqua sul letto mentre uno di loro scattava tante foto verso ogni angolo, da un lato ero curioso, ma dall’ altro mi stavano incominciando ad impaurire, ma cosa volevano fare? Spensero tutte le luci, ed incominciarono a girare nuovamente con quella scatolina. Dopo qualche minuto decisero di fermarsi in una stanza ed incominciarono a fare domande verso non sapevo bene chi. Chiedevano se ci fosse qualcuno li con loro, se ci fossero dei bambini o qualche anima sperduta, chiesero se qualcuno li presente era solito giocare con la bambina, di provare eventualmente a dire qualcosa e che non avrebbe dovuto aver alcun timore. Io timore invece ne avevo, anche perché incominciavo a capire che forse quelle persone stavano cercando me e la ragazzina. Uscii dalla stanza senza farmi notare dai loro strumenti e tornai dalla ragazzina che era rimasta nella cameretta per avvisarla, ma li, con mio grande stupore, vidi una donna seduta sul letto intenta a fissare la ragazzina che era in piedi difronte a lei. La donna chiamò anche le altre persone per raggiungerla pregandoli di provare a fare qualche fotografia perché lei sentiva la presenza di una bambina (o ragazzina) difronte a lei, dall’altra parte del letto. La cosa mi impaurì molto, quella donna non sembrava vedere la ragazzina, ma era chiaro che riusciva a sentirne la presenza. Cercai di non far percepire anche la mia, ma la donna aveva una voce molto tranquilla ed avvolgente ed emanava un’energia benevola, quindi sembrava che non avesse cattive intenzioni, mentre erano meno chiare quelle delle altre persone. La donna continuava a fare domande alla ragazzina, ma lei come al solito rimase muta. Una delle altre persone si avvicinò molto a me, passando davanti alla ragazzina fino a che le luci della sua scatolina incominciarono ad accendersi. Pensai che mi avesse scoperto e nel tentativo di allontanarmi mi avvicinai alla donna che percepì la mia presenza. Incominciò a chiamarmi: Marco, sei tu Marco, sento che c’è un bambino vicino a me, ti prego avvicinati, non aver paura. La donna distese il braccio sul letto invitandomi a prendergli la mano. Ero diffidente, di certo non volevo prendergli la mano, ma volevo accostarmi alla sua energia, era quella che mi attirava, decisi quindi di avvicinarmi. La osservavo, era chiaro che voleva sapere se realmente ci fossi e, dolcemente, mi chiese se avevo bisogno di qualcosa. Non sapevo cosa rispondere. Io volevo solo stare in pace, ma non riuscivo a farmi capire, in quel momento non c’era neanche la bambina che sembrava l’unica a potermi sentire. A malincuore decisi di allontanarmi e lasciare quelle persone a finire quello per il quale erano venute. Era stata un’esperienza strana che dopo quella sera non si ripeté più. Quelle persone mi avevano inizialmente incuriosito, poi impaurito ed in fine, in qualche modo, consolato. La ragazzina invece era rimasta tutta la sera impassibile ad osservarli.

I giorni successivi scorrevano come al solito, o forse no. La bambina continuava a giocare con noi come sempre, ma i suoi genitori sembravano non richiamarla più come prima, la lasciavano rimanere in camera a giocare più a lungo, la notte poi, dopo averle rimboccato le coperte, erano ormai abituali scrutare tutta la stanza con un lento movimento della testa, come nel tentativo di capire se eravamo li, ma senza alcuna apprensione, poi sorridevano ed andavano via tranquilli, come se avessero accettato la nostra presenza. Una sera la mamma della bambina sembrò addirittura pronunciare sottovoce un: Buonanotte ragazzi rivolgendosi al buio della stanza e, quella che sembrava una notte come tante, divenne per me e la ragazzina una notte speciale.

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